CERNUSCO LOMBARDONE

PADRE SANDRO NAVA

La storia, le FOTO, gli scritti...

NEL MONDO

 

20 ottobre 2009

Carissimi Amici di Cernusco,

Per me la missione significa evangelizzare, portare la buona novella, essere consci che come cristiani abbiamo un grande messaggio per l’intera umanità.

La missione significa anche movimento. Gli apostoli e i  missionari sono persone che, chiamati, lasciano e partono, camminano. Dobbiamo avere il coraggio di dare questa dimensione missionaria alle nostre comunità parrocchiali.

Infatti quali sono le parrocchie più vive e attive? Sono quelle dove abbonda lo spirito missionario, dove tutta la comunità si mette in stato di missione. Le parrocchie più missionarie sono quelle dove nascono le vocazioni.

Dobbiamo ALZARE lo sguardo per guardare avanti e contemplare il cammino che ci sta dinanzi per sentirci “TUTTI INVIATI”. Penso spesso a quanti missionari sono partiti da Cernusco. Ricordo in questo momento il caro padre Peppino che da poco ci ha lasciati.

Chi  ha preso o prenderà il suo posto? La Missione esige coraggio e capacità di sperare e sognare oltre ogni attesa e speranza. Noi fatichiamo ad allargare gli orizzonti. Abbiamo perso la capacità di sognare e sperare.

LAVORI PREVISTI NEL 2012

Costruzione di una dependance con 4-5 nuove camere per la casa delle suore Teresine, il cui numero è aumentato.

Nuovo acquedotto di circa 4 Km in potenziamento a quello esistente, poiché i consumi sono praticamente raddoppiati negli ultimi tre anni. Si calcola che ogni giorno vivono nel complesso dell'ospedale 1.500 persone (ricoverati, parenti, pazienti Day Hospital, personale infermieristico e di supporto e loro famiglie, asilo, ospiti, visitatori ecc...)

Potenziamento del sistema di depurazione e smaltimento delle acque bianche e delle acque nere

Acquisto di un nuovo trattore con pala meccanica in sostituzione del vecchio Ford. Questo mezzo è indispensabile per l'abbattimento, il carico e il trasporto della legna che serve per il funzionamento della centrale termica che scalda l'acqua per tutto l'ospedale. La legna (eucaliptus, pini, mimosa) viene fornita dalla foresta adiacente all'ospedale, ma il grande lavoro è il taglio di questi alberi che raggiungono 30-40 metri di altezza, la sezionatura dei tronchi, il trasporto e la spaccatura in pezzi da 90 cm.

Costruzione di una nuova sala operatoria per l'ortopedia.

Costruzione della cucina e della casa dei padri.

Allacciamento alla linea elettrica nazionale dell'ospedale e di tutte le case dei dipendenti.
 

 

CHI E' PADRE SANDRO?

Padre Alessandro Nava (Padre Sandro per gli amici) nasce a Lecco il 9 Maggio 1951.
In seguito a una giornata missionaria tenuta da un Padre della Consolata a Osnago, dove il piccolo Akessandro vive con la famiglia composta dai genitori e da 4 figli, manifesta il desiderio di seguire la chiamata alla vocazione missionaria.
A 10 anni entra nel Seminario di Bevera. Successivamente, compie gli studi a Varallo Sesia e all’Istituto teologico di Torino
. Il 25 giugno 1977 viene ordinato Sacerdote da Mons. Assi nella chiesa della Casa Missionaria di Bevera.
L’Africa lo attende già: nel 1978 parte con entusiasmo per il Tanzania, dove rimane per cinque anni.

Successivamente, i superiori lo richiamano in Italia affidandogli la formazione dei giovani aspiranti missionari della casa di Rovereto (Tn).
Tuttavia, la nostalgia dell’Africa lo tormenta e, finalmente, nel 1985 Padre Sandro può ritornare in Tanzania, con destinazione alla missione di Iringa e, successivamente, a Makambako. Nel 1995 diventa rettore del seminario filosofico di Morogoro, dove resta per 7 anni. Nel 2002 viene mandato come amministratore e responsabile al Consolata Ikonda Hospital, dove si trova attualmente. Quest’ultimo incarico si rivela fin da subito molto arduo e impegnativo.
La struttura gli si presenta in tutta la sua sconcertante realtà: è fatiscente e necessita di un’urgente e radicale ristrutturazione. Padre Sandro deve anche fare i conti con la carenza di medici e di personale qualificato, ma non si scoraggia e, consapevole che la scelta di Cristo e la scelta radicale degli emarginati sono un binomio inscindibile, si affida alla Provvidenza e decide di investire la sua vita in questa nuova avventura.
La causa di questo ospedale è troppo importante per lasciar spazio a ripensamenti o a tentennamenti.
Così, dal 2002 viene avviata una graduale e crescente opera di ristrutturazione della struttura ospedaliera.

Oggi l’ospedale di Ikonda rappresenta un luogo di speranza per migliaia di malati che vivono in condizioni di estrema povertà. Vi vengono curate le malattie maggiormente diffuse nell’Africa sub-sahariana: la malaria, la TBC, le infezioni intestinali, le patologie derivate dalla malnutrizione e soprattutto la grande piaga dell’AIDS.
Il personale dell’Ospedale si prende cura anche di molti bambini che, in tenera età, rimangono orfani di entrambi i genitori a causa dell’AIDS.

 

 

 

Il saluto e i ringraziamenti di padre Sandro,

25 gennaio 2009,

sono rientrato a Ikonda e tutto procede bene. Come al solito tanto lavoro arretrato da sbrigare in ufficio, ma soprattutto le strade orribili a causa della stagione delle piogge. Io mi meraviglio quando vedo rientrare le Land Cruiser delle cliniche mobili. Non so come facciano gli autisti a  districarsi sulle strade così piene di fango e di autentici crateri causati dall’acqua. Comunque sempre avanti. Gli ammalati sono sempre tanti, nonostante le strade bruttissime. Molti giungono a piedi o con mezzi di fortuna.... Le persone si aiutano tra di loro per il trasporto degli ammalati, soprattutto nei villaggi più lontani e non serviti dai temerari trasporti dei pulmini. Vi anticipo i ringraziamenti per la vostra generosa donazione a cui però risponderò in un momento in cui avrò più calma. Un saluto a tutti cogliendo occasione per ringraziare tutti per l'accoglienza e generosità in occasione della mia permanenza a Cernusco nel periodo natalizio,

p. Sandro

? La lettera che ci ha inviato, in un clic

5 gennaio 2008,

Carissimi amici di D&F, sono in partenza a giorni. Comunque appena a Ikonda darò uno sguardo e vi dirò, oppure darò all'associazione Amici Ikonda Hospital l'incarico di dare uno sguardo al sito e poi di inviarvi altro materiale. Ciao e grazie di tutto il bene che fate per le missioni e per i missionari. Ciao e buon anno,

p. Sandro

 

Per collaborare ai progetti puoi versare il tuo contributo tramite:
c/c bancario n. 30095

del Credito Valtellinese
ABI 5216 – CAB 51650 - CIN: H
codice IBAN: IT 66 H0521651650000000030095 oppure
c/c postale n. 36286490 intestato a:
“Amici Ikonda Hospital Tanzania”

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da D&F n°34, novembre 2008

LUCIA MONSELESAN GIOVANE VOLONTARIA SI RACCONTA DOPO PARECCHI MESI A CONTATTO CON LA REALTA’ DI PADRE SANDRO IN TANZANIA, DOVE STA TERMINANDO A  MALINCUORE  LA SUA ESPERIENZA COME INFERMIERA

 

-   Com’è nata la tua scelta, questa decisione di partire per un Paese così lontano?

Ho conosciuto l’Africa per la prima volta grazie a una route scout di qualche anno fa. Da lì ha continuato a richiamarmi finché ho deciso prima di fare un ‘esperienza di qualche settimana e poi di prendere aspettativa per un anno. La scelta nasce dalla voglia e dalla speranza di riuscire a vivere anche un po’ per gli altri,ognuno trova la sua dimensione per farlo e l’africa mi è sembrata proprio la mia.

-   E’ stato difficile lasciare la tua famiglia, quello che avevi e adattarti ad una realtà con altre abitudini e ritmi di vita?

Sicuramente lasciare famiglia, amici, paesaggi e abitudini di casa non e’ stato semplice ma tutto è ripagato qui,basta anche solo il sorriso di un bambino per dire che ne vale la pena.

- Da quando sei lì e fino a quando ci starai?

-  Sono partita il 23 gennaio e il mio anno sta per finire, rimetterò piedi al di là dell’equatore il 31 dicembre. Non mi sembra vero che sia già passato così in fretta...e prevedo già un rientro molto   difficile!

- Di cosa ti occupi? Com’è una tua giornata tipo?

Essendo ostetrica il mio lavoro ruota intorno alla maternità e ai neonati. Il mio scopo qui è quello di lavorare con le ostetriche del posto cercando di migliorare la loro assistenza e sorveglianza alla gravidanza e al parto. Molto del nostro tempo e molti sforzi sono dedicati anche ai bambini prematuri che sono sempre in buon numero.(un po’ a causa dell’aids e un po’ perché le donne continuano a  lavorare nei campi con i soliti ritmi anche durante la gravidanza e non riescono a portarla a termine.)

Le mie giornate quindi passano in ospedale a parte il sabato pomeriggio o la domenica in cui ci prendiamo un po’ di spazio per qualche giro a piedi,in bicicletta,per un buon libro...Stando qui ho riscoperto il valore dell’essenzialità, di come ci si senta liberi senza troppe distrazioni.

-  Com’è il paesaggio? Come ti trovi in questo nuovo ambiente?

Il paesaggio e’ splendido, soprattutto nella stagione delle piogge quando tutto esplode di verde.

E’ un pezzetto d’africa strana, non è ne arida ne piatta, come di solito ce la si immagina, qui siamo a 2000 metri circondati da montagne colme di pini. Nelle mie prime passeggiate mi sembrava quasi quasi di essere nel parco del Curone!

-  Ad ora qual è l’immagine che è in te impressa nella mente e nel cuore?

E’ l’immagine delle mamme che il giorno dopo il parto con la bacinella piena di stracci sulla testa e il bambino legato sulla schiena si incamminano verso la lunga strada che le porterà a casa.

UNA SPERANZA PER LA TANZANIA: IKONDA, DOVE L’AMORE

E LA SPERANZA VINCONO   da D&F n° 7APRILE 2007

Lo scorso 20 aprile molte persone hanno voluto ascoltare e incontrare padre Sandro Nava presso il cineteatro San Luigi.

Dopo la presentazione di don Vincenzo sulla serata dedicata al lavoro e ai progetti di padre Sandro sono stati proiettati due cortometraggi sull’ospedale e sul problema dell’AIDS.Ha poi commentato i lavori eseguiti ai fabbricati dell’ospedale dando la precedenza alla ristrutturazione degli esistenti in precarie condizioni. Si è impegnato poi nella preparazione del personale infermieristico e di laboratorio come pure quello amministrativo. Un grande problema affrontato è quello delle visite mediche sul territorio, importanti perché raggiungono molte persone impossibilitate a venire in ospedale.

Si sta facendo anche un grande lavoro verso i bambini soggetti a gravi epidemie di vermi, a questi vengono somministrati farmaci per debellare queste malattie. Padre Sandro ha poi sottolineato che il problema più grave è quello dell’AIDS; questi ammalati sieropositivi devono essere eseguiti per lungo tempo coi farmaci appropriati e nello stesso tempo con un’alimentazione ricca di sostanze per far fronte all’abbassamento delle difese immunitarie. Tutte queste informazioni sono state ascoltate con vivo interesse da chi ha partecipato alla serata e in tutti sono rimasti impressi impresso l’entusiasmo e la speranza che padre Sandro mette in tutto il suo lavoro, confidando sempre nell’aiuto della Madonna

 

UN GIORNO COME UN ALTRO tratto da D&F n°12

Venerdì 17 novembre 2007,

 Sono le 7:30 del mattino. Il Land Cruiser è pronto per il viaggio al villaggio di Ibaga che dista 45 Km. Da Ikonda. Josephine la coordinatrice dei programmi di assistenza alimentare e della Caritas dell’ospedale affida all’autista gli scatoloni contenenti il latte per i 15 bambini del villaggio di Ibaga e il cibo mensile  per le famiglie di 32 mamme sieropositive. Viene caricato il tutto.

A Ibaga oggi è  anche il turno della clinica mobile per i bambini e le mamme in gravidanza e della clinica PMTCT (prevenzione trasmissione dell’HIV/AIDS tra madre e bambino).

Giungono le tre ostetriche: Sixberta, Maxenzia e Bernardette: che caricano i cool boxes con i vaccini i kits per i test dell’IHV delle mamme in gravidanza e tutto quanto serve per le visite e le cure dei bambini e medicine di pronto intervento.

Sixberta, la coordinatrice  della clinica mobile, ricontrolla il tutto e chiede alla Josephine di aggiungere altre razioni di cibo e latte per eventuali emergenze o nuovi casi.

La macchina parte. L’autista Sosetens conosce a memoria la strada per averla fatte decine e decine di volte. I primi 30 Km. sono relativamente facili. Poi negli ultimi 15 Km. La strada si trasforma in una pista sconnessa e piena di buche. Ancora un ultimo tratto con il ponte fatto di tronchi. Oggi non piove e si passa bene. Appaiono le prime case di Ibaga. Un villaggio di circa 1.500 persone situato a 2.300 metri sul livello del mare. Siamo sulla cresta orientale della Ritf Valley. Una volta qui c’era un lago che ora si è svuotato a causa delle crepe sui fondali causate dai frequenti e innocui terremoti, lasciando posto a una conca verde ed umida attraversata da un ruscello limpido.

Le mamme e i bambini e anche qualche papà sono già radunati nella casa ambulatorio costruita dalla stessa gente del villaggio.

Si comincia. Ogni bambino ha la sua scheda. Oggi sono 107. Si pesano i bambini. Seguono quelli delle vaccinazioni. La Sixberta si prende cura delle mamme in gravidanza e comincia le visite. Oggi sono solo 26. In un’altra stanza la Maxenzia incontra singolarmente le mamme che vogliono fare il test dell’HIV. Oggi ci sono anche due coppie di sposi.

In un’altra stanza, Bernardette visita i bambini denutriti o malnutriti o con qualche problema che gli vengono segnalati da Sixberta. Il tutto avviene tra il vociferare delle mamme, gli strilli dei bambini che hanno paura delle vaccinazioni.  Il più indaffarato è Sostenes che con l’aiuto dei due coordinatori del villaggio deve distribuire il latte ai 15  bambini sieropositivi e le razioni di cibo mensili alle famiglie delle 32 mamme sieropositive. Tutto però prosegue veloce e con ordine. La gente di Ibaga è educata e collabora.

Sono quasi le 3 del pomeriggio quando Sixberta esce e chiede a Sostenes di portargli le razioni supplementari di latte e cibo. Alla lista vengono aggiunti due bambini per il latte e due mamme per l’assistenza alimentare mensile.

Le visite sono terminate. Tutto è andato per il meglio anche se 2 nuove mamme sono risultate sieropositive. Verranno inviatte a venire all’ospedale presso la HOV/AIDS Clinic e ad entarre nel programma della “maternità sicura”. Tutto dipenderà dai loro mariti. Infatti molti uomini non permettono alle loro mogli di entrare nel programma e tanto meno di farsi testare loro stessi.

Arriva il capo del villaggio seguito da tre ragazze che portano il pranzo il pranzo per le ostetriche e per l’autista: patate bollite e fagioli. La gente di Ibaga è sempre molto ospitale e pronta a condividere quel poco che ha.

È ora di rientrare, ma prima si fanno salire sulla macchina 2 mamme, un uomo e un bambino. Sono ammalati piuttosto gravi. Sixberta consiglia per il loro il ricovero a Ikonda.

Si ritorna. Uscendo dal villaggio, bambini, mamme e gli uomini che ritornano dai campi salutano festanti la macchina che lascia il loro villaggio.

La pista scende e sale e dopo oltre due ore di “scarrozzamento” la macchina rientra all’ospedale. Vengono ricoverati i 4 ammalati. Le ostetriche rientrano alle loro case impolverate chiacchierando serenamente tra loro.

Sostenes parcheggia il fuoristrada. Domani lo revisionerà e lo pulirà per bene (Sixberta è molto esigente sulla pulizia), perché tra due giorni si ripartirà per il giro della Home Base Care (cura a domicilio degli ammalati di AIDS e terminali).  Ci sarà un altro team di infermieri/e, anche se Sostens, in confidenza, mi ha detto che preferisce quello delle ostetriche.

G.M.

ý IKONDA HOSPITAL