In nome di Marco

 Ospiti al San Luigi Tonina Pantani, Beppe Guerini, Daniele Redaelli...

La passione per lo sport, la storia di un campione del ciclismo italiano, i retroscena della fine di Marco Pantani e la riflessione sul tema del doping: questi i temi affrontati alla presentazione del libro In nome di Marco che si è tenuta sabato 15 marzo all'oratorio di Cernusco; erano presenti l'autore, residente a Cernusco,  Francesco Ceniti, la signora Pantani, l'avvocato della famiglia che sta lottando per far riaprire l'inchiesta sulla morte (con molti punti oscuri) del campione a Rimini. Ospite Beppe Guerini e moderatore il giornalista Daniele Redaelli, ex caporedattore centrale della Gazzetta dello Sport.

Presenti un'ottantina di persone ad ascoltare con vivo interesse i racconti, le testimonianze dei presenti.

Dopo il saluto di benvenuto del sindaco Giovanna De Capitani e un breve video con i successi del Pirata, a prendere la parola Redaelli il moderatore che ha presentato il libro nel suo insieme che con occhi speciali racconta la vicenda e i retroscena di tutti questi anni.

«Sono fiero di essere cernuschese e da sempre di essere tifoso di Pantani conosciuto e apprezzato in Francia, in Spagna oltre che in Italia - ha esordito Ceniti -  Un campione a tutto tondo con una vita fatta di cadute e successi fino al giallo della sua morte. Per un controllo irregolare durante il Giro d'Italia, non antidoping, la sua carriera è finita. Il dottore preposto non conosceva il regolamento e chi doveva controllare non era presente. Si è trattato di una sospensione dalla gara per alcuni gironi, ma in realtà è stata una caduta da cui Marco non ha saputo più rialzarsi - conclude l'autore del libro -  l'etichetta di dopato nessuna gliel'ha più tolta. E' stato considerato colpevole per un reato non previsto dal codice sportivo».

Sul triste epilogo aleggiano ancora dubbi e sospetti. Ed è toccato all'avvocato Antonio De Rensis, legale della famiglia del ciclista, spiegare i dettagli per poi annunciare che tra venti giorni  tutti sapremo gli esiti di questa vicenda con nuovi ed importanti dettagli. In particolare l'attenta ricerca riguarda quanto è successo nella stanza D5 del residence Le Rose di Rimini dieci anni fa.

Dopo i ricordi di Beppe Guerini e della madre sull'infanzia del figlio, già da ragazzino promessa del ciclismo, la parte viva del dibattito è stato sul finale quando sono arrivate le domande dal pubblico nel merito di doping, nel merito del ruolo della federazione, nel merito dell'importanza delle scuole di ciclismo di oggi. La signora Pantani ha più volte ribadito  i suoi dubbi sulla vicenda di suo figlio ed è per questo che ora si occupa dei bambini e della loro crescita sportiva, come faceva il figlio senza i riflettori della ribalta ma con vero spirito di educatore e volontario. Le ha fatto eco l'avvocato che chiede a tutti di mettere da parte l'ipocrisia e di lavorare sulla lealtà e la salute, sin da bambini.

«Penso sia stata una bella esperienza conoscere la signora Tonina, una donna di pura pasta romagnola, con il dolore visibilmente stampato sul volto e nel cuore, nonostante le unghie ben curate e il look aggressive. Mi ha emozionato! E poi ascoltare un giornalista che non conoscevo, ma adeguato e ben preparato e voglioso di sport sano; un Guerini mitico e comunque colto anche lui  in imbarazzo dalle parole dirette, come sassate, della signora Pantani e infine un avvocato che sa il fatto suo: vedremo le novità e verità bomba che ci  ha promesso tra circa un mesetto. Personalmente ho avuto comunque conferme ai miei pensieri, letti nelle parole strozzate in gola della madre del Pirata e cioè che il grande e fragile Marco era diventato scomodo per uno sport come il ciclismo, abbandonato e lasciato solo nella sua fragilità da tutto il mondo sportivo e da tutto il mondo del ciclismo, o meglio ancora da quel mondo del ciclismo sporco! Sì, quel ciclismo sporco dove purtroppo per poter competere, per guadagnare denari e false glorie, viene tutto estremizzato e portato a livelli disumani. Tutto ciò accade ancora oggi: è risaputo che in uno sport così nobile come il ciclismo appena un giovane interessante si avvicina a categorie superiori, iniziano strategie strane da parte dei direttori sportivi, sponsor, medici ambigui e soprattutto dai genitori repressi dai loro fallimenti, che a tutti i costi vogliono spingere i loro figli al cosiddetto “aiutino”, per vincere su tutto e tutti a ogni costo. Questa è la rovina del ciclismo e di tutto lo sport!  Pantani ha iniziato a correre da ragazzino per il piacere dell'impresa, la poesia dell'impresa , il piacere di pedalare alla scoperta di posti, luoghi, in assoluto silenzio, solo con la fatica, sudore e la sua bicicletta per poi arrivare a vincere su quelle mitiche cime. Ogni ciclista serio e sano inizia correre e girare in bici con questi principi, io per primo! Il lume della ragione e della bellezza dello sport non potrà mai essere intaccato da un mondo cosi distorto! Quindi penso che non ci sia doping, non ci sia droga, non ci sia nulla che possa intaccare una leggenda del ciclismo e dello sport come Marco Pantani. Onore a lui!».

Marcello Brioschi (nella foto sopra a destra),  grande  tifoso di Pantani e  grande innamorato del ciclismo anche praticato

Altra toccante testimonianza è stato il ricordo di Gildo Valagussa (nella foto sopra a sinistra), storico cernuschese, che ha ricordato con emozione la sua visita personale alla tomba di Pantani a Cesenatico e al museo con un caloroso ringraziamento alla signora Tonina per la sua presenza e per quanto sta facendo per scoprire la verità.

L'autore del libro FRANCESCO CENITI è residente a Cernusco

La copertina del libro, la madre di Marco Pantani, Tonina, e Francesco Ceniti

Tratta dall'intervista esclusiva di D&F n°92 del 28 febbraio

Francesco, si può presentare, per chi non la conoscesse?Sono nato a Roma la vigilia di Natale del 1969, ma cresciuto in Calabria, dove mi sono laureato nel 1995 con 110 in Lettere Moderne con una tesi in Storia contemporanea sul Vietnam (filmando nel Paese asiatico un reportage a vent’anni esatti dalla fine della guerra). Dopo l’università (e lasciati i campi di calcio che ho “frequentato” con alternate fortune fino alla serie C2) ho perfezionato gli studi all’Università Luiss con un master in giornalismo e Comunicazione d’Impresa. Sono professionista dal 2000: redattore presso numerose testate nazionali e regionali. Dal 2003 lavoro per la Gazzetta dello Sport: mi occupo dal 2006 d’inchieste, reportage e arbitri. Ho seguito negli ultimi anni lo scandalo di Calciopoli, quello sul calcioscommesse e numerose inchieste (comprese i casi Bergamini e Pantani). Ho pubblicato nel 2004 il romanzo I cassetti perduti, nel 2009 il saggio Un carcere nel pallone storia del Free Opera, la prima squadra formata da detenuti e iscritta a un campionato della Federcalcio (terzo classificato al premio Bancarella), nel 2011 il libro La Nazionale contro le mafie/Rizziconi-Italia: una partita speciale edito dal Gruppo Abele di don Ciotti e quest'anno In nome di Marco con Tonina Pantani, edito da Rizzoli.

 Vivo a Cernusco dal 2008, ho due figli maschi, Mattia e Andrea nati nel 2008 e 2010, e una bimba, Chiara, arrivata nel febbraio 2013.

Come mai l’idea di scrivere un libro su Marco Pantani?

Il libro nasce da una mia idea: spiegare Pantani a chi non lo ha mai conosciuto (come mio figlio) e capire come mai a 10 anni dalla morte resta il ciclista italiano più amato e rimpianto. La bozza del libro poi l'ho fatta leggere alla mamma di Marco (sopra  insieme nella foto), che lo ha trovato molto bello. A quel punto parlando con l'editore (la Rizzoli) abbiamo deciso di inserire nel libro anche la signora Pantani: una lunga chiacchierata durata sei giorni è stata riassunta nelle due parti nelle quali la mamma di Marco parla del figlio prima che diventi Pantani e dopo la sua morte, con passaggi molto toccanti e senza sconti per nessuno. Compreso il figlio. Ci sono parole nette su doping e droga, ma allo stesso tempo un grande amore per il ciclismo.

Foto servizio DVanoli

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