CERNUSCO LOMBARDONE

 

      

NATALINA ISELLA

La storia, le immagini, gli scritti...

NEL MONDO

 

 LETTERE,RIFLESSIONI E ARTICOLI

CHI E' NATALINA?

Suora laica, Cernusco la ospita presso la casa San Paolo; è in missione nella Repubblica del Congo da più di vent'anni; il centro presso cui presta servizio si trova a Bukavu, cittadina che si estende sul lago Kivu con cinque lingue di terra a confine con il Ruanda. Si estende fino a 2100 metri d’altezza e mentre i ricchi hanno occupato questa zona lacustre, nell’entro-terra ci sono numerose baracche  molto vicine tra di loro. Il centro Ek’Abana (che significa casa ai bambini) si trova ai piedi della collina vicino a una scarpata, a prova anche di terremoto.

Carissimi,
Sono appena ritornata ; tutta la gente che mi conosce, mi esprime a suo modo la sua gioia, soprattutto i bambini vengono ad abbracciarmi con tanta gioia.
La situazione che si respira non è buona, ma la gente sembra quasi rassegnata; la vita continua si lavora si va scuola,  ma la gente continua a essere uccisa. Anche qui a Bukavu  che si può dire c’è la sicurezza, durante la notte o meglio  durante il buio, è facile che persone vestite in militare uccidono chi trovano sul cammino per svaligiarlo di tutto quello
che ha. Nelle due città confinanti Uvira a sud e Goma al  nord, c’è una vera e propria guerriglia che lascia la gente nel  panico. Continuiamo a pregare per i poveri civili che vengono massacrati gratuitamente per delle ragioni  che solo le grandi potenze sanno. Il problema della pace è sempre più urgente. La Chiesa locale organizza giornate di ritiro per le varie parrocchie per parlare dell’anno della fede e per invitare la gente alla  conversione al perdono alla pace, uniamoci tutti a questa preghiera per chiedere la pace, perché questa  situazione rende la gente aggressiva e pertanto è gente pacifica e conciliante.
Grazie per la vostra preghiera il vostro sostegno un caro saluto e tutti.

ottobre 2012
Natalina

- NATALINA ISELLA - lettera - "ll lavoro in questo periodo di Natale è sempre molto perchè in un ambiente con i bambini bisogna aiutarli a vivere la gioia del Natale e così con loro a partire dal primo di dicembre abbiamo incominciato a fare gli addobbi.

Stelline di carta ritagliate da loro, capannine sullo stile delle loro capanne in ogni angolo del centro, poi al posto del muschio abbiamo fatto seccare dell’erba da giardino e abbiamo fatto i vari presepi con quest’erba e l’effetto è stato ottimo, con la stradina di sassi e la segatura, proprio come facevo io a casa mia quando ero bambina. Le statuette erano fatte con il filo di ferro e scorze di banane, l’effetto è stato molto bello abbiamo fatto i personaggi che volevamo noi, così tutti hanno fatto qualcosa dai piccoli ai grandi, poi all’ultimo momento invece di mettere il pino vicino al presepe abbiamo messo un bel banano. Alla fine proprio alla vigilia di Natale tutto era pronto per accogliere Gesù Bambino, anche la gioia e l’entusiasmo dei bambini erano andati crescendo finché alla vigilia mi hanno chiesto: allora quando è Natale? noi siamo pronti...... bellissima la loro domanda......Natale è un giorno di festa che bisogna preparare con cura per gustare tutta la gioia che si nasconde nel grande mistero dell’incarnazione di un Dio fatto bambino......a Natale bisogna incominciare a fermarsi a meditare a vedere perché abbiamo fatto tutto questo, a riscoprire il senso di ogni cosa, perché è Gesù che assumendo la natura umana valorizza ogni cosa umana e la riempie di senso... Ecco un piccolo pensiero per il vostro giornalino con tanti tanti auguri di pace per il nuovo anno che viene, in alto i cuori....ancora grazie della vostra amicizia" 

Natalina dicembre 2011

INTERVISTA A NATALINA ISELLA , tornata a Kiwu a metà ottobre (2009)

- Com'è la situazione ora nella Repubblica del Congo, a Kiwu in particolare?

E’ difficile rispondere a questa domanda perché la situazione non è uguale in tutto il Congo, ad es.  nella zona del Kivu stanno ancora facendo delle operazioni di guerra, dicono per mandar via dalla foresta i vecchi militari del Rwanda, rifugiatisi al tempo del genocidio e che continuano ad essere armati. In altri parti del Congo la guerra è finita, ma la situazione economica e sociale è ancora deplorevole perché la gente vive sempre nella miseria, gli agenti dello stato non son pagati regolarmente come  insegnanti i militari , poliziotti, amministratori…. non c’è lavoro e da noi c’è ancora molta insicurezza nelle campagna e così la gente abbandona  la campagna per venire in città creando problemi enormi di sovrappopolazione e di abbandono delle culture  col rischio di avere delle vere e proprie carestie non coltivando più per paura dei militari che saccheggiano tutto.

 -Ci sono stati particolari momenti che ricordi di paura o di forti ingiustizie?

Le ingiustizie sono talmente tante che fanno parte del sistema corrotto  a tutti i livelli, a livello di sfruttamento delle risorse naturali, al livello della giustizia dei tribunali, al punto che se ad es. si osa mettere in prigione un uomo che ha violentato una ragazza questi corrompendo esce ed è capace di far diventare colpevole la ragazza.

Momenti di particolare paura sono sempre i momenti quando senti che attorno a te le armi che fischiano.

 - Quanto  ha risentito il vostro centro ek'ebana per via di questa situazione?

Il nostro Centro è nato proprio per far fronte a questo degrado materiale e morale creato con la guerra, perché prima non si era mai sentito di bambine accusate di essere delle streghe o violentate o abbandonate a loro stesse.

- Come proseguono le attività al centro?E’ cresciuto o diminuito il numero delle bambine che accogliete? Ci sono novità?

Più o meno il numero delle bambine del centro rimane stazionario, nel senso che c’è sempre un riciclo, alcune vengono inserite dopo un certo periodo di recupero e di riconciliazione familiare altri casi nuovi vengono, le novità ci sono nel senso che abbiamo tanti bambini che seguiamo come sostegno scolastico per cercare di toglierli dalla strada.

 - In concreto di che cosa avete bisogno? Avremmo bisogno di un paio di volontari bravi che vengono a fare il doposcuola a tutti questi bambini del recupero scolastico.

 

République Démocratique du Bukawu, giugno 2009,

Carissimo Dario, grazie del tuo messaggio, per quanto riguarda la situazione del paese
non è rosea c'è sempre rumore di guerra, per saperne di più ti mando il messaggio che recentemente hanno fatto i Vescovi della nostra zona. Si sono riuniti qui a Bukavu per valutare insieme la sit
uazione e incoraggiare i cristiani da una parte e denunciare le ingiustizie dall'altra.

ROME, Mardi 9 juin 2009 (ZENIT.org) - Les évêques de l'Assemblée épiscopale provinciale de Bukavu (ASSEPB), réunis du 25 au 30 mai, ont souhaité attiré « l'attention de toute la Communauté nationale et internationale sur la nécessité et l'urgence de prendre à cour la crise qui perdure » en République Démocratique du Congo.

Dans une déclaration signée le 29 mai, ils dénoncent « la présence persistante et inquiétante de groupes armés » dans le pays parmi lesquels les FDLR (Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda) et de « différentes milices congolaises non encore intégrées ». « Ce tableau pourrait se compliquer par l'opération 'Kimya II' au Sud Kivu », mettent-ils en garde.
Lancée fin avril, l'opération 'Kimya II' aspire à débarrasser le Nord et le Sud-Kivu des combattants des FDLR, mouvement armé rwandais dissident installé dans l'Est du Congo depuis 15 ans.

Les évêques font ainsi part de leur inquiétude concernant « la sécurité, la protection sociale, la relance économique et les mécanismes administratifs régissant les populations congolaises ».

«L'insécurité perdure  dans les villes, par assassinats, vols, viols et parfois par mutilations, tandis que dans les campagnes règne la désolation : les villages se dépeuplent à la suite de massacres, de pillages des récoltes, d'incendies d'habitations », dénoncent-ils.

Sur le plan politique et administratif, ils évoquent « bien des tâtonnements » sur la route de la démocratie. Ils déplorent ainsi « l'achat des consciences, la corruption et le retour à des méthodes autoritaires », « le musellement croissant de la presse et des médias », « la démission de la société civile, les assassinats sans suite judiciaire » ou encore « le recours à des systèmes de négociations sans fin qui hissent continuellement au pouvoir des rebelles et des criminels de guerre ».

« La crise est réelle » déplorent-ils encore en exhortant les autorités à garantir « le respect de la Constitution, le maintien de la souveraineté et de l'intégrité du territoire, la promotion de la démocratie ».

Les évêques souhaitent aussi aux jeunes de « ne pas céder au désespoir qui les expose à toute sorte de manipulations ».

Ils invitent enfin les chrétiens à vivre « les vertus chrétiennes de la foi, de l'espérance, de la charité, ainsi que les valeurs humaines de la vérité, de la justice, du sens du bien commun, de la solidarité et du respect de la parole donnée ». « La reconstruction de la personne humaine en dépend». « Celle-ci est une condition indispensable à la reconstruction du pays », affirment-ils avec force.


Come vedi non abbiamo ancora la pace, ma continuiamo a sperare e a lavorare per il bene e per la pace nella giustizia e nell'onestà. Un caro saluto a tutti ciao, Natalina

 

-25 gennaio 2009

Carissimi,
ho dato un'occhiata al sito, veramente bello, complimenti; vi invio alcune foto: in alto al gruppetto di case sulla collina c'è il nostro centro precisamente sotto gli alberi dove si vede una casa che stanno mettendo il tetto,poi una foto con il mercatino di una piazza della città Nyabibwe: è l'inizio della provincia del Nord Kivu dove ci sono sempre i massacri.  Grazie di cuore per il vostro lavoro

Ciao, Natalina

Bukavu, 12 dicembre 2008,

Carissimi amici di D&F,

grazie per l’invito fattomi a dire qualcosa, mi dovete scusare, ma il tempo è poco e anche la corrente non sempre c’è, e tutto questo mi impedisce di essere rapida nello scrivere.

Ci sarebbero tante cose da dire perché ogni giorno ha la sua gioia e la sua pena ma quando si scrive per forza di cose bisogna selezionare quello che si vuole dire.

In questi giorni stiamo preparando il Natale e come simbolo, per aiutare le bambine a entrare nel clima di preparazione natalizio, abbiamo scelto una lampada a petrolio, sul cartellone abbiamo scritto: andiamo a Betlemme con le nostre lampade.

La lampada a petrolio è un oggetto ordinario che tutti i bambini conoscono perché non manca mai in una casa anche la più povera, in quanto la corrente non c’è per la maggioranza della gente.  Quello che mi ha stupito prendendo questo simbolo è il racconto che ci ha fatto la mamma che resta con le bambine alla notte. La mamma ha incominciato a dire che nel tempo, prima che incominciassero le guerre a ripetizione,  ( queste sono incominciate a partire dal 1994, e tutte le nostre bambine non erano ancora nate), si celebrava la messa proprio a mezzanotte perché non c’era pericolo di guerra come ora. Andando a Messa a Mezzanotte tutti erano muniti di lampade a petrolio perché la notte era proprio profonda senza nessuna luce sui sentieri, si vedeva una fila di lumicini su ogni collina, e la gente sentiva una grande gioia a vedere, che in ogni direzione c’erano dei lumi che arrivavano, e portavano i tamburi e i giovani suonavano il tamburo tutta strada per segnare il passo a chi veniva dietro, le bambine ascoltavano incantate…e attraverso l’analisi di tutte le parti della lampada dal vetro che deve essere tenuto pulito allo stoppino che bisogna tagliar bene, si cerca di fare le applicazioni pratiche per preparare il nostro cuore perché come dice s.Paolo ai Tessalonicesi: il nostro corpo il nostro spirito e la nostra anima siano trovati puri per l’incontro col Signore.

Ora invece si celebra alle 4 del pomeriggio per evitare i problemi della sera con i blocchi e le ronde dei militari e pericoli sempre in agguato, la bella poesia dei lumini incantati non c’è più, ma vi assicuro che alle  bambine non manca la gioia e dopo la messa delle 16 ritornano al centro cantando come matte, vanno a prendere tutti i tamburi che ci sono in casa e tutte le latte che capitano sotto mano e si mettono a suonare e a ballare gridando che Gesù è nato e  tutti son nella gioia. La loro gioia semplice è veramente contagiosa e commovente se si pensa a come riescono a dimenticare tutte le loro sofferenze per gioire della gioia del Natale.

Auguro a tutti voi questa gioia che il Natale ci dona  nella tenerezza di un bambino, il Figlio di Dio che prende su di se tutte le nostre tristezze, tutte le nostre pene tutte le nostre lacrime per trasformarle in gioia, proviamo anche noi a lasciarci prendere da questa tenerezza e da questa fiducia che con Lui, lo possiamo fare perché Lui è piccolo, ma è la Misericordia Onnipotente….. proviamo a chiudere gli occhi a sentirlo nelle nostre braccia …

Per il momento la vita scorrente abbastanza tranquilla ma alle ore 18 bisogna essere tutti in casa. è pericoloso trovarsi in strada dopo le 18 quando incomincia il buio, sinceramente io sono contenta che viene la sera, quando finisce la giornata, tutti si ritirano e si può allora riprendere le forze per il giorno dopo, davanti al Signore per la revisione della giornata e per affidargli quella che ci darà domani e poi ci si ritrova a tavola a condividere tutto ciò che è successo prima di chiudere gli occhi per il riposo notturno.

Voi che potete andare a Messa a Mezzanotte, gustatela anche per me, un caro saluto e abbraccio con tanti auguri di buon 2009! Ciao a tutti,

Natalina

NATALINA ISELLA – BUKAVU, REPUBBLICA DEL CONGO

 

Bukavu, 19 ottobre 2008 [in occasione della giornata missionaria],

 

Quando vengo in Italia spesso la gente mi pone questa domanda: Com’è là? In effetti a una domanda così è difficile rispondere allora mi limito a dire è tutto diverso, ma quello che mi stupisce è che spesso la gente aggiunge, ma forse là la gente è più buona non ha la cattiveria, la maldicenza e l'egoismo di qui. Questo insistere sul desiderio di avere dei sentimenti buoni, mi fa pensare al desiderio che ha la gente di vivere attorniata da persone buone non egoiste, comprensive compassionevoli. Tuttavia di questa gente faccio pure parte anch'io perché non incomincio io a essere questa persona buona e compassionevole che desidero vedere negli altri, fare come diceva Heldel Camera perché lamentarti del buio se puoi accendere la lampadina? E' proprio questo che vorrei dire come testimonianza che la vita è dura ovunque anche in missione, ma ciò che rende bella la vita è l'abbandono al Signore è il sentire che siamo nelle sue mani, che qualunque cosa capita non è lì per crearci dei problemi, ma delle opportunità di crescita, perché il Signore non vuole che il nostro bene. Quante volte qui in Italia sono davanti a delle situazioni molto complesse e dolorose ma che non so consolare proprio perché il vangelo e  la preghiera non sono visti come una buona notizia che ci dà forza e coraggio per vivere con serenità la nostra vita di ogni giorno, per portare il peso del giorno senza maledire nessuno e senza chiuderci nel proprio dolore e senza voler esser migliori o più ben piazzati del vicino. Questo invece è il regalo che mi fa l'Africa, lo sguardo rivolto alla Provvidenza, mi aiuta ad andare all'essenziale a soffrire per ciò che val la pena di soffrire, mi aiuta a non conformarmi alla mentalità del mondo. Così quando ho incominciato ad occuparmi delle bambine abbandonate perché accusate di essere delle streghe ho sentito una grande forza in me, non ho fatto troppo ragionamenti sul dopo come sarà ho incominciato a fare quello che potevo convinta che aiutare dei bambini a crescere bene sia una cosa necessaria e doverosa, soprattutto quando sono abbandonati e non hanno altri maestri che la strada. Da cosa nasce cosa se ci lascia guidare dalla Provvidenza. Di queste esperienze di accoglienza di bambini abbandonati ne sentirete a migliaia perché sono tante le situazioni di bambini in difficoltà e di persone che vengono in loro aiuto, ciò che volevo comunicarvi è proprio solo questo la forza della fede in un Dio che è sempre con noi che non guarda alle nostre capacità ma al nostro grido di aiuto che sgorga dalla nostra indigenza desiderosa di farsi carico dell'indigenza degli altri, grido che allora diventa speranza certa di un avvenire migliore, perché Gesù è con noi, speranza che diventa trampolino di carità che si esprime in un’infinità di piccole iniziative a seconda del bisogno. Con la fede e con la speranza nel cuore, il cuore diventa capace di amare tutto ciò che incontra compreso il dolore perché l'amore è attirato dal dolore, dove c'è un dolore l'amore vuol essere presente, è così che dolore e amore sono inseparabili, la certezza in un Dio che ci vuol salvare a tutti costi in Gesù ci fa diventar tutto più leggero.
E' questa la mia preghiera di questa sera che i fratelli più abbandonati possano trovare chi pensa a loro, che i miei fratelli qui in Italia che soffrono per cause diverse questa mancanza di amore tra i fratelli possano scoprire prima di tutti che c'è un Dio che ci ama infinitamente in Gesù che ci perdona sempre che non tiene conto dei nostri peccati e che non abbiamo niente da perdere a amarlo e a amare i nostri fratelli, anche quelli che non ci amano e che possiamo sempre contare su di Lui che ci ama più di quello che noi possiamo fare per noi stessi, senza immaginare sempre delle tragedie che si abbattono su di noi e che ci rendono la vita difficile e piena di agitazioni inutili e quindi di nervosismi e chiusure verso i fratelli. Io penso che contando di più sul Signore anche qui in Italia la vita può essere più semplice, meno stressata, più bella, più piena, più disponibile per gli altri, perché tutto diventa occasione per amare e non solo per essere schiacciati, anche nelle situazioni più difficili.

_ L'INTERVISTA   [da D&F n°32 - settembre 2008 dv]

 

c       Natalina,    di cosa vi occupate a Bukavu?  - Si tratta di una casa che accoglie circa 50 bambine di strada, dai 5 ai 14 anni, accusate di stregoneria e allontanate dalla propria famiglia perché vivono situazioni di disagio. Qui le accogliamo e le educhiamo in vista del reinserimento nella famiglia d’origine e nella comunità di appartenenza.

c       Come fanno queste ragazze o bambine ad arrivare da voi? - Le portano da noi la polizia d’infanzia, il capo villaggio o la comunità cristiana. Sono bambine spaventate, isteriche per alcuni casi. Ciascuna con la sua storia. Lea per esempio: il papà l’ha affidata ad una famiglia perché doveva andarsene in Burundi. A 6 anni è scappata dalla casa dopo soli due giorni e si è rifugiata sui gradini della chiesa locale e di conseguenza è stata poi portata al centro, dove per lo meno non è maltrattata. Sorte peggiore invece era invece capitata a due bambine che sono state trovate nel deposito della birra dove venivano abusate, prima che venissero accolte nel nostro centro. Una storia invece con un liete fino è capitata ad una ragazzina di 14 anni a cui il padre aveva fatto credere che la madre fosse morta e viveva così con la seconda moglie: qui però viveva male e veniva accusata di essere una strega. Condannata alla lapidazione, è stata salvata in tempo e portata al centro. Non avendo, in fondo, mai visto la tomba della madre attraverso conoscenze siamo arrivati ad uno zio che le ha rivelato che la madre in realtà era viva e così si sono potute riconciliare. Ho assistito ad un abbraccio commovente, tanto che è svenuta dalla commozione nel riabbracciarla dopo così tanti anni. Ha finito l’anno scolastico e poi è andata a vivere con la sua vera mamma, con dichiarazione anche alla Polizia. Mi viene in mente un’altra ragazza, proveniente da una famiglia di alcolizzati: accudiva i nipotini ma erano bambini malnutriti, coi capelli bianchi. Uno di questi bambini è morto per anemia e le hanno dato la colpa e quindi cacciata con l’intenzione di lapidarla. E’ stata anche lei salvata e portata al nostro centro, ma era molto arrabbiata e nervosa a tal punto che strappava i suoi vestiti.

c       Com’è il rapporto con queste bambine e ragazze? - Non è facile soprattutto per il vissuto straziante che hanno alle spalle.  C’è da dire che con le bambine è più facile far fare un cammino e reinserirle nelle loro famiglie; a loro basta farle capire che sono accolte, nel vedere i fratellini per cui hanno profonda nostalgia. Fanno col nostro aiuto un percorso di perdono per togliere lo spirito vendicativo; altrettanto non si può dire per le ragazze più grandi per cui è difficile, perché servono molte cerimonie in quanto sono più testarde, in quanto sono state accusate falsamente da loro.

c       Ci sono altre realtà come la vostra? - Il nostro centro è solo femminile e ci occupiamo anche di scuola per far loro recuperare gli anni persi e reinserirle al livello giusto. Oltre a noi a Bukavu c’è un centro per i bambini soldato, l’Istituto san Gemma delle suore, ma per lo più sono centri diurni, mentre la nostra casa ospita anche le bambine e le ragazze abbandonate  la notte.

c       Com’è l’impatto con la loro lingua e la religione? - La lingua ufficiale è lo swaili, che ormai ho imparato bene, anche se la pronuncia è difficile e ogni tanto ridono perché alcune parole cambiano di significato in base all’accento che diamo. Per quel che concerne la religione  un buon 95%  delle bambine non è battezzato; non sanno persino di che religione sono. Per questo al centro ci occupiamo anche della catechesi per far conoscere loro Dio, che è un diritto che tutti noi abbiamo. E’ libera per chi vuole e dopo 4 anni si può accedere al Battesimo col volere anche dei genitori, altrimenti le ragazze devono aspettare i 18 anni.

c       Da quanto tempo lei si trova lì? - Da 32 anni sono là in missione; dal 1976 e 1996 con Claudia e Lucia (suore laiche di casa san Paolo ndr); poi dal 96 al centri diocesano di Bukavu per la promozione della donna, fino al 2002, quando abbiamo creato questo centro d’accoglienza. E’ proprio con la guerra col Rwanda e il Burundi che è iniziato a nascere il fenomeno dei ragazzi di strada: prima nessuno abbandonava i propri bambini! Ancora oggi risentiamo di qualche guerriglia, poiché essendo in zona di confine, molto profughi si sono rifugiati in Congo e non hanno più potuto farne ritorno. Questi si sono rifugiati nella foresta, ogni tanto escono e fanno razzia nei nostri villaggi.

c Quali sono le sue impressioni e sentimenti? - Io do una mano a chi è svantaggiato, per camminare da soli, per dar loro il gusto di vivere, organizzarsi e lavorare. Io non cambio nulla, do solo il mio piccolo contributo. Sono ragazze e bambini con risorse interiori; sono piccole creature che hanno bisogno dell’educazione, in quanto i genitori ai bambini piccoli danno tutto e subito senza paletti e poi verso i  tre anni prestano loro molto meno attenzioni. E’ una vita difficile comunque poi per le ragazze: pensare che per essere accettate nella società, seguono la moda di mettersi una parrucca colorata o si mettono il trucco per sbiancare il colore delle loro guance. Ovviamente tutto ciò non è permesso nel nostro centro!

c       Ed ora quando tornerà? - A fine ottobre tornerò al centro Ek’ebana.

Dal  D&F n° 11

Lunedì 9 ottobre 2006 Natalina ha incontrato in oratorio il gruppo missionario e una trentina di cernuschesi per raccontare la sua esperienza nella Repubblica del Congo tra Goma e Bukavu, sul confine con il Ruanda, il Burundi e l’Uganda, quindi in una città situata in una posizione geografica estremamente delicata e per questo superaffollata di immigrati. La città si affaccia come una mano sul lago.

L’esperienza di Natalina in Africa è lunga, risale al 1976 presso le suore Adoratrici, dove ha lavorato nel settore dello sviluppo e del doposcuola. Gli anni più intensi sono sicuramente stati quelli tra il ‘94 e il ‘96 quando in Ruanda e poi in Congo è scoppiata la guerra e quindi i profughi erano tantissimi. Sono ormai dodici gli anni di guerra che hanno debilitato la gente, e ha portato degrado: ora i servizi come la scuola e l’ospedale vanno pagati e non essendoci lavoro c’è una situazione insostenibile. Si vive, quindi, decisamente con poco.

In più il terreno è sabbioso e quindi c’è il pericolo che la città finisca nel lago, per questo vengono costruiti dei muri con delle grosse pietre che richiedono grande sforzo e lavoro da parte di tutti, anche delle donne.

Dal ‘98 la suora laica si è dedicata all’alfabetizzazione di ragazze e bambini creando un centro che può al massimo ospitare 54 bambini/e in un piccolissimo spazio. Lei se ne occupa con alcuni animatori e autorità congolesi. Queste bambine, come si è visto dalle foto, arrivano estremamente traumatizzate e angosciate e necessitano aiuto e attenzioni. Vengono abbandonati dalla madri per superstizione, viste come  streghe o causa dei loro guai. Natalina e gli animatori,  ospitandoli in questo centro, se ne prendono cura con l’obiettivo poi di reinserirle in nuove famiglie. Alcune persone presenti hanno subito chiesto perché non vengono adottate, portate via a queste situazioni di ignoranza e miseria; ma la risposta è stata ferma: è bene che queste bambine crescano in Congo, nella loro terra e possano lì riscattarsi, e questo centro dà loro questa possibilità. Ben più grande il problema che affronta la Repubblica del Congo: un Paese ricco, ma dilaniato dalla guerra e soprattutto per questo i bambini vengono  abbandonati.

Nelle immagini viste anche una bella insegna dell’associazione ADS, amici di Silvana, che ha perso la vita in uno sfortunato incidente in terra di missione. A Natalina il G.M. ha consegnato una busta, con la speranza viva che col suo amore siano di grande aiuto a questi bambini!

Brava e grazie Natalina!

ALCUNE FOTO PRESSO IL CENTRO D'ACCOGLIENZA