CERNUSCO LOMBARDONE

       

MONICA ORMA

La storia, le immagini, gli scritti...

VENEZUELA

 

Ottobre 2009

Cari amici,

Sono ormai passati dieci anni da quando ho lasciato l’Italia per “gettare le mie reti” in Venezuela. Ho ancora nel cuore la bella Messa con il mio mandato missionario, sintetizzato nella frase: Io parto… voi non restate!

Sono convinta che nessuno e’ esente dal vivere la missione: chi parte, va anche per chi resta, e chi resta, rimane per chi va, perché la missione è una missione di popolo, e’ una missione come Comunità e come Chiesa. Non c’è una cosa che io faccio che non sia anche vostra, così come voi fate delle cose anche per me, perché tra noi c’e’ vera comunione. Siamo insieme chiamati a realizzare nel mondo la grande comunità dei figli di Dio.

Credo che la missione, prima ancora che essere fatta di opere, prima di ricercare la giustizia, e’ annuncio che Cristo è la salvezza, che Gesù fa nuove tutte le cose, che guarisce il mondo fino in fondo, che ci salva nell'amore.

Cominciamo ad essere missionari quando riconosciamo dentro di noi, nel fatto di essere guariti, Gesù Salvatore. Poi, dopo aver riconosciuto il Dono ed incontrato una vita ed una gioia piene ed abbondanti, dobbiamo salire sui tetti e gridare la Buona Notizia ai quattro venti. L’amore ricevuto non si può trattenere, un dono non può che donarsi.

Il mio annuncio ai poveri si traduce aprendo le porte di casa a tanti piccoli angeli crocifissi. In una casa-famiglia le membra più deboli sono le più onorate e non c’e’ chi salva e chi e’ salvato ma, condividendo la vita, ci si salva insieme.

Ogni giorno, nel povero che incontro, riconosco Gesù, lo tocco, gli sorrido. Che grazia! L’incontro con Cristo povero e sofferente mi trasforma continuamente e mi fa scoprire sempre di più la vita come un dono da offrire ai fratelli.

Sono convinta che alcuni tra voi hanno nel cuore la vocazione alla missione come un piccolo seme. Permettete al seme di crescere e svilupparsi, nella certezza che chi vi chiama ad andare per il mondo e’ Cristo stesso!

UN REGALO MOLTO SPECIALE

23 dicembre 2009                                                                           Carissimi amici,

Anzitutto buone feste ad ognuno di voi!!!

Noi abbiamo ricevuto uno splendido regalo di Natale (in anticipo), poiché verso la metà di dicembre abbiamo adottato Karla! Sinceramente m’aspettavo d’essere convocata in Tribunale per una cerimonia o un atto ufficiale, invece hanno emesso la sentenza senza avvisarci, abbiamo saputo dell’adozione conclusa andando per caso a curiosare nel fascicolo di Karla depositato in Tribunale.

E’ stato un momento di grande gioia, simile all’euforia che si sperimenta quando nasce un figlio: ci siamo abbracciati ed abbiamo fatto festa. Karla è un dono grande per la nostra famiglia, è un piccolo angelo crocifisso che sorride sempre e ci regala serenità e pace. Ora speriamo di riuscire a rientrare in Italia nel mese di giugno, per assicurare a nostra figlia tutte le cure mediche di cui ha bisogno.

In Venezuela il Natale appare molto lontano, c’è molta tensione perché, ad aggravare la pesante crisi economica, dal mese di agosto tolgono ogni giorno l’elettricità per diverse ore. Sembra che negli ultimi anni non sia stata eseguita nessuna manutenzione alla centrale idroelettrica e così metà delle turbine non funziona e l’energia elettrica prodotta non copre il fabbisogno energetico della popolazione. Uffici e fabbriche non riescono a lavorare e a produrre. La gente vive sempre più miseramente. Inoltre è aumentata la criminalità, favorita ed incoraggiata dall’oscurità costante. Nelle strade non ci sono festoni, decorazioni o luci natalizie.

Appena cala il buio, le persone, stanche e disperate, escono di casa per protestare sbattendo i coperchi delle pentole e appiccando falò con vecchi pneumatici di automobili. Le scuole sono state chiuse in anticipo perché in strada si sono verificate sparatorie e diversi episodi di violenza. Eppure faccio fatica a credere che Gesù si farà presente nei centri commerciali straripanti di regali e grondanti di luci, o sulle tavole riccamente imbandite. Sento che Gesù nascerà “di nascosto” sul ciglio di una strada oscura dove la gente, illuminata da un falò, soffre e grida l’ingiustizia, urla la miseria e la fame. Gesù, ancora una volta, nascerà povero tra i poveri. E allora il mio augurio è che vi arrivi il grido dei miseri della terra perchè il vostro Natale sia più semplice, ma più vero. Auguri!

Monica

p.s. Chavez ridà sta benedetta luce... ormai viviamo a lume di candela!!!! (il primo giorno e' romantico, ma dopo 5 mesi il romanticismo si e' sciolto come cera!)
 

Febbraio 2009

NESSUNO TOCCHI I PIU’ DEBOLI

La dolorosa vicenda di Eluana Englaro credo che abbia scosso un po’ tutte le coscienze e ci abbia fatto soffermare e pensare con serietà al tema della vita, del suo senso e della sua dignità.

In me questa storia ha lasciato una grande amarezza, avendo scelto di essere mamma e di portare la croce di una bambina gravemente disabile. Anche Karla non parla, non cammina, solo piange e sorride, però non la considero meno dei miei figli, non penso che la sua vita sia meno degna o meno importante. Mai penserei che la sua non e’ vita, anzi penso che la sua esistenza sia irrepetibile e insostituibile e un dono per tutti noi, nonostante le sofferenze e i sacrifici.

Voler eliminare una persona debole e malata togliendole acqua e nutrimento e’ come ritornare alla cultura di Sparta, dove solo le persone dotate di aspetto fisico denotante forza e salute vivevano, gli altri venivano fatti fuori. Siamo alla selezione tra chi e’ efficiente e produttivo e chi non lo e’.

Nessuno può legittimamente privare un suo simile della vita chiunque egli sia, perché ciò significherebbe fare violenza alla sua natura.

Una Società che si prende cura dei più deboli ha un’alta statura morale, una società che usa i beni e le strutture dello stato per fare morire e’ necrofila.

Bisogna dire con chiarezza  come ha detto Benedetto XVI che l’eutanasia e’ una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto dolce, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano.

Dico grazie a Eluana per tutto il tempo che e’ stata con noi e la sento come una martire dei tempi moderni, vittima di un accanimento contro la vita senza precedenti.

E perché non succeda anche alle tante altre “Eluane” presenti in Italia, LASCIATECI VIVERE sia il grido dei tanti cristiani che credono nel valore della vita, di qualunque vita.

Chiediamo allo Stato che finanzi scelte di vita e non di morte, che sostenga le migliaia di famiglie che tengono presso di se i loro figli gravemente disabili.

Vi abbraccio

Merida, 25 gennaio 2009

Cari amici, buon anno nuovo! 

In Venezuela si sta avvicinando una data importante: il 15 febbraio ci sarà il referendum in cui i cittadini si pronunceranno su un tema molto delicato, quello della durata del mandato presidenziale.

Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, vuole rendere il mandato a vita, facendo precipitare il Venezuela in una dittatura definitiva e duratura.

Gli studenti hanno cominciato a scendere in strada per manifestare il loro dissenso e la scorsa settimana ci sono stati vari scontri in tutto il Paese tra studenti e forze dell’ordine, qua a Merida un giovane è morto manifestando. Ancora una volta la gente fa provviste aspettandosi il peggio e i supermercati si svuotano velocemente dei beni di prima necessità.

Le nostre attività proseguono bene, nel barrio il centro diurno continua ad attirare molti bambini che cercano uno spazio dove giocare, fare i compiti, far merenda. Si sono create delle belle relazioni, ci piacerebbe potere arrivare e fare qualcosa anche per i genitori che vivono in condizioni di miseria, spesso spacciando o prostituendosi. In questo momento si sta respirando molta tensione perchè la polizia ha creato un gruppo di sterminio che ha redatto una lista nera dei delinquenti del barrio, ogni settimana ne eliminano qualcuno, e allora le strade sono pericolose, in qualunque momento puo’ iniziare una sparatoria. Spesso ammazzano i genitori degli stessi bambini che seguiamo nel centro.

Karla sta crescendo bene, e anche se all’età’ di quasi due anni ancora non sostiene la testa, noi che la conosciamo e la amiamo notiamo anche i più piccoli cambiamenti e facciamo festa. La neurologa ci ha spiegato che i bambini con la sua diagnosi non vivono a lungo, anzi, che dovrebbe essere già morta, ma sappiamo che non sono le parole degli uomini ne le statistiche a decidere la durata di una vita….

Con l’accoglienza di Karla ci è permesso di testimoniare la preziosità e la dignità di ogni vita, anche la più delicata, la più indifesa, la più silenziosa, e rimango costernata quando leggo che in Italia ci sono persone che manifestano per dare “morte degna” a una ragazza in stato vegetativo…. Cominciamo a parlare e a lottare per una vita degna per tutti, sosteniamo le famiglie che assistono parenti in stato vegetativo o in gravi condizioni! E le altre decisioni.... lasciamole al buon Dio.

Monica

CHI è, COSA FA, PER CHI E DOVE OPERA MONICA?

ASSOCIAZIONE COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII

ZONA VENEZUELA

 

Le attività all’estero nascono dall’esperienza di vita in Italia della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi nel 1968, i cui membri hanno per vocazione specifica quella di seguire Gesù povero e servo condividendo direttamente la vita con gli ultimi.

Da quasi quarant’anni la Comunità opera nel mondo dell’emarginazione intervenendo a fianco dei più sfortunati e ricusati quali i portatori di handicap fisico e psichico, minori in stato di abbandono, tossicodipendenti, barboni, ragazze madri, zingari, immigrati, anziani, carcerati, ragazze costrette alla prostituzione.

La presenza all’estero si sviluppa, tramite proprie strutture e progetti o attraverso azioni di partenariato con organizzazioni locali, in 20 Paesi: Zambia, Kenya, Uganda e Tanzania in Africa; Brasile, Cile, Bolivia e Venezuela in America Latina; Israele, Palestina, Cina, Sri Lanka, Bangladesh e India in Asia; Australia in Oceania; Albania, Croazia, Kosovo, Romania e Russia in Europa.

All’estero le attività dell’Associazione si svolgono in diversi ambiti operativi e settoriali, ma con uno stile che caratterizza tutte le azioni e gli interventi: quello della condivisione diretta con i più poveri e gli emarginati nelle diverse realtà di vita, cercando di alleviare le sofferenze ed allo stesso tempo di rimuovere le cause che provocano emarginazione ed ingiustizia.

I beneficiari degli interventi promossi sono in prevalenza minori (bambini soldato, bambini di strada, bambini abusati, bimbi con handicap, orfani dell’AIDS), donne, portatori di handicap, tossicodipendenti, alcolisti, anziani, vittime di violenza e di sfruttamento sessuale, senzatetto, popolazioni coinvolte in conflitti armati, gruppi di promozione dei diritti umani. L’Associazione ha collaborato con organizzazioni internazionali come UNICEF, WFP, UNHCR, UE.

 

La condivisione supera l’assistenza: non si dà il pane all’affamato ma gli si offre il posto alla nostra mensa, non si mette chi è solo in un ricovero ma si apre a lui la nostra famiglia.

 

LA COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII IN VENEZUELA

 

La COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII è presente in Venezuela dal 12 giugno 2000. Dopo i primi 3 anni vissuti in un barrio (baraccopoli) alla periferia della capitale Caracas, ci siamo trasferiti nella città di Merida nel nord-ovest, sulle ande venezuelane.  

Abbiamo creato appositamente una fondazione il cui nome e’ “FUNDACION MISIONEROS LAICOS DE LA COMUNIDAD PAPA JUAN XXIII” attraverso la quale operare legalmente in territorio venezuelano.

Il 15 luglio 2003 si e’ aperta la prima missione con la inaugurazione di una casa famiglia per bambini in stato di abbandono, con maltratto famigliare e di strada.

La realtà dei minori in stato di abbandono od in situazione di rischio sociale che li porta a vivere in strada e ad aggregarsi in gang è l’oggetto di maggior attenzione e obiettivo di gran parte degli interventi della Comunità in questo Paese.

Attraverso l’accoglienza e la creazione di strutture e progetti si vuole offrire al minore e all’adolescente un’alternativa all’unica via che conoscono: la strada.

La condizione di povertà ed ignoranza in cui versano molte famiglie della zona rendono necessario l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine per salvaguardarne l’integrità psico-fisica.

L’alcolismo, quasi sempre conseguenza della disoccupazione e della disperazione, la promiscuità e la violenza domestica sono ciò che determinano i rapporti intra-familiari.

Attraverso l’accoglienza viene tutelato il diritto ad avere una famiglia e, alla luce della Convenzione dei diritti del fanciullo, vengono garantiti i diritti ad uno sviluppo globale della personalità, il diritto alla propria identità e delle proprie peculiarità ed aspirazioni, il diritto ad essere protetto e tutelato da ogni forma di sfruttamento, di maltrattamento e di abuso, il diritto ad avere un ambiente familiare valido che consenta al minore di sfruttare la propria personalità in modo adeguato, attraverso un rapporto relazionale intenso, il diritto all’educazione e quindi il diritto ad ottenere tutto il materiale necessario per la costruzione di una personalità matura ed adulta. In questo modo gli adolescenti ed i bambini riscoprono il valore della famiglia, della vita, della solidarietà e dell’aiuto reciproco acquistando fiducia in loro stessi e nella vita.

 

CASA FAMIGLIA “ANGEL DE LA GUARDIA”

 

Monica e Giorgio hanno aperto una casa famiglia nella città di Merida il 15 luglio 2003. Vivono la vocazione della COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII condividendo la loro quotidianità con minori, bambini anche neonati ed adolescenti in stato di emergenza che vengono proposti dai tribunali e dalle autorità di polizia.

Si da famiglia a chi non l’ha, si condivide la croce di chi la tiene diminuendo così la sofferenza. Ad oggi sono passati in questa casa e poi tornati alle loro famiglie di origine 16 bambini.

Attualmente oltre a Chiara e Mattia, figli naturali, sono accolte Oriana di 9 anni e Karla di un anno, una bambina diversamente abile.

 

CENTRO DIURNO

 

Il centro diurno è stato aperto nel settembre 2005, con lo scopo di dare una spazio protetto a bambini dai 5 ai 14 anni, che altrimenti passerebbero la giornata in strada, in situazioni di alto rischio. Frequentano il centro diurno giornalmente circa 30 minori.

Si organizzano in questi locali messi a disposizione dalla diocesi all’interno del barrio, momenti di gioco, gare sportive, doposcuola. Si somministra una colazione nel turno del mattino ed una merenda in quello del pomeriggio.

 

CASA DI FRATERNITA’

 

La casa di fraternità e’ stata aperta nel marzo del 2005 in uno dei settori più poveri e disagiati della città di Merida.

Le sorelle e i fratelli di comunità che vivono attualmente in questa casa (MAYRA, ROBERTO ED IVANA) sono impegnati su più fronti. Quotidianamente durante la settimana dirigono il centro diurno, il fine settimana visitano l’ambulatorio Venezuela (ambulatorio dove vivono bimbi e adulti disabili, quasi tutti abbandonati dalle proprie famiglie), fanno animazione in strada per i bambini di questo barrio (baraccopoli).

Senza scordare la vera e propria “missione ad gentes” quotidiana visitando casa per casa gli ammalati e le famiglie più disagiate, organizzando momenti di preghiera e portando Gesù là dove non sempre e’cosi’facile.

 

CASA DI ACCOGLIENZA PER BAMBINI “MADRE DE LA TERNURA”

 

Il 28 novembre del 2006 abbiamo inaugurato una nuova casa di accoglienza, la casa “Madre de la Ternura”(cioe’ “Madre della Tenerezza”), sempre nella città di Merida con il fine di dare una casa, un ambiente sano e familiare a bambini, sani o disabili, abbandonati o con varie problematiche familiari, dai 0 ai 6 anni o anche più anni, in base alle necessità e alle nostre possibilità.

La casa “Madre de la Ternura” può accogliere contemporaneamente fino a 5 bambini. Non accogliamo più bambini perché per noi non e’ importante fare dei piccoli istituti, ma e’ importante soddisfare tutti i bisogni e, soprattutto, costruire una relazione personale con ognuno di loro, in modo che si sentano amati ed importanti per qualcuno.

La necessità e’ grande, grandissima, sia perché sono innumerevoli le giovani già di 12-13 anni che partoriscono e poi abbandonano i neonati, sia perché non c’è una risposta da parte dello stato che soddisfi l’emergenza. Basti ricordare che in una regione di circa 1.000.000 di abitanti in questo momento ci sono solo 3 case di accoglienza per bambini piccoli per un totale di 15 posti letto. Lo stato venezuelano da parte sua da’ i permessi e controlla mensilmente il nostro operato ma a livello di aiuti economici e’ totalmente assente.

Attualmente sono responsabili della casa Angela ed Ines, sorelle di comunità italiane.

Vivono con loro Carolina, di 9 anni, Rosalinda e Cristian di 6 e 4 anni e un bimbo diversamente abile, Winston di 6 anni.

Dal novembre 2006 ad oggi sono stati accolti nella casa 20 bambini in stato di emergenza.

 

 

Merida, 18 ottobre 2008

Carissimi amici,

vi mando questo breve pensiero e saluto dal Venezuela in occasione della giornata missionaria mondiale appena trascorsa. In questo momento stiamo vivendo in un clima di “calma tesa” dato che nel mese di novembre ci saranno le elezioni dei governatori e dei sindaci e si respira incertezza e preoccupazione per il rischio che i risultati vengano falsati e che ci siano scontri.  Così, mentre da un lato i negozi si riempiono di regali di Natale e le strade di alberi luminosi, dall’altro i supermercati si svuotano e cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità perché chi può fa provvista per prepararsi al peggio. La nostra vita in casa, i suoi tempi e il suo ritmo, è dettata dai nostri figli e soprattutto da Karla, la bimba disabile che abbiamo accolto. Che grande dono l’averla incontrata! Da quando le nostre strade si sono incrociate e abbiamo deciso di farne un unico cammino, si e’ creata tanta solidarietà e interesse attorno alla nostra famiglia e la vita di Karla sta commuovendo tanti cuori. E’ così una bimba che era destinata a vivere in gabbia in una corsia d’ospedale, abbandonata e dimenticata da tutti, “scarto dei costruttori” di una società che elimina chi non produce o e’ “diverso”, è diventata “testata d’angolo”, ha regalato un nuovo senso alla nostra vita e a quella di altre persone che l’hanno conosciuta e si sono lasciati toccare e travolgere dalla sua fragile e silenziosa presenza. Noi trascorriamo la settimana cercando di scoprire qualcosa di più sulla sua condizione medica, consultando specialisti che ci offrono pareri diversi e a volte contrastanti, o fisioterapisti che ci spiegano che in Venezuela non esistono gli strumenti e gli attrezzi più indicati per riabilitarla.

Quante difficoltà, quanti ostacoli.... ma  poi ci ricordiamo di Don Oreste che ci ripeteva che non si va e si sta in missione perché il posto è bello e non ci sono difficoltà.  Si va e si sta perché Gesù ci chiama. Si vive la missione perché Gesù ci chiede di essere con Lui povero e servo in missione e con Lui presente negli ultimi. E' Gesù che ci chiede di andare ad annunziare che Lui è venuto, per amarlo insieme e vivere insieme ai disperati della terra. Egli ci chiede di annunciarlo con la nostra vocazione, che racconta come sia bello condividere gioie e dolori mettendo la vita assieme, aprendo le porte della propria casa a chi bussa nel bisogno. Don Oreste diceva che di fronte alle difficoltà bisogna gioire e fare festa per l'amore che si è chiamati a manifestare in quelle difficoltà ... essere gioiosi nelle difficoltà per l’amore che possiamo dare e manifestare.... è una bella provocazione che rivolgo anche a voi!!!! Vi saluto e vi abbraccio forte.

Monica

26 aprile 2006 dal D&F n° 7

RACCONTO E RIFLESSIONE DI MONICA, DA MERIDA SULLE MONTAGNE DEL VENEZUELA. LA VITA IN UNA CASA FAMIGLIA

 

Cari amici,

comincio questa lettera scusandomi per non avervi scritto per molto tempo, la verità è che quando la miseria diventa “pane quotidiano” si perde lo slancio e l’entusiasmo a scrivere e descrivere ciò che al principio sembrava nuovo e diverso, e quindi degno di essere raccontato. Attualmente vivo a Merida, una città di un milione di abitanti situata nel verde delle Ande venezuelane, a circa 1500 metri di altitudine.

Con Giorgio, mio marito, abbiamo aperto da un anno e mezzo una casa-famiglia in un settore relativamente tranquillo della città. “Casa-famiglia” vuol dire “famiglia in una casa”: praticamente si diventa papà e mamma di chi si trova in condizioni disperate, di angeli crocifissi di cui nessuno si innamora. La nostra casa accoglie minori abbandonati o allontanati dalle proprie famiglie per problemi di vario genere, soprattutto per situazioni di violenza o degrado.

Si tratta di bambini con un’infanzia negata, violata, violentata, piccole croci sgangherate che non si riescono ad “aggiustare” bene, e allora bisogna lasciarsi determinare dalla loro miseria, mettere la propria vita con la loro ed ascoltare con il cuore il loro grido che ci chiede di amarli sempre, di amarli comunque, perfino di amarli inutilmente quando usano le loro croci come coltelli e fanno male.

Per fortuna “Il Buon Dio scrive diritto anche in mezzo alle righe storte”, e quindi le loro “ferite” ci aiutano, ci trasformano, e alla fine non c’è chi salva e chi viene salvato, ma ci si salva insieme.

Da poco più di un anno vivono con noi due sorelline di 7 e 8 anni, Oriana e Carolina, mentre altri bambini si sono fermati solo per qualche giorno, in attesa di ritornare in famiglia o di ricevere dal Consiglio di Protezione dei Minori una sistemazione definitiva adeguata alle loro esigenze.

Spesso sperimentiamo un grande senso di frustrazione, perchè bambini tolti dalla famiglia per problemi di grave violenza domestica vengono restituiti dopo pochi giorni, se il genitore semplicemente promette al funzionario del Consiglio di Protezione che si comporterà bene.

 

Da circa un anno, grazie alla presenza di altri fratelli di comunità, ci siamo avvicinati ad un barrio (quartiere, ndr) emarginato della città, tristemente etichettato come un covo di spacciatori, alcolisti, prostitute e bande di delinquenti.

Una parte di quel barrio è costituita da baracche di latta costruite su enormi pietre. Non esistono sentieri per raggiungere le case, la gente salta da una roccia all’altra o improvvisa passarelle di legno per rendere più agevole il cammino.

L’altra parte del barrio è costituita da piccole case di cemento e latta, schierate in piccole vie parallele e strette che danno da un lato su un fiume, dall’altro su un piccolo campo da basket e su un parcheggio, che funzionano da “piazza” e punto di aggregazione.

Abbiamo deciso di “rompere il ghiaccio” con gli abitanti del barrio rivolgendoci prima di tutto ai bambini e proponendo, come direbbe don Oreste Benzi, “un incontro simpatico con Cristo”. E così, nel luglio del 2005, abbiamo creato un oratorio di strada, e per due mesi ci siamo incontrati con i bambini facendoli pregare, cantare e giocare. Abbiamo organizzato delle passeggiate e dei laboratori per costruire braccialetti, aquiloni, lavoretti di cartone. Ogni giorno il numero di bambini che si avvicinavano incuriositi aumentava, e nei momenti di festa sono arrivati fino a 150 bambini!

Poi a settembre abbiamo avvertito e toccato la forte necessità di aiutare i bambini che cominciavano la scuola, insieme al grande desiderio di toglierli per alcune ore dai pericoli di una vita passata in strada. Il parroco del barrio ci ha prestato due saloni della parrocchia per organizzare un centro diurno, che tuttora funziona di mattina e di pomeriggio dal lunedì al giovedi. Il fine settimana proponiamo giochi e preghiera nel campo da basket del barrio.

Al centro diurno inizialmente venivano solo bambini che avevano bisogno di una mano per svolgere i compiti di scuola, poi ci sono stati segnalati bimbi che a scuola non ci sono mai andati, e ultimamente sono arrivati anche dei bambini disabili, vista la mancanza di insegnanti di sostegno e di scuole speciali. Attualmente partecipano al centro una quarantina di bambini, e tutti arrivano da situazioni familiari difficili, da storie di violenza, di droga (alcuni bambini già spacciano).

A volte ci sorprendiamo di fronte alle loro domande, come quella volta che hanno chiesto a Giorgio come mai se ero sua sposa non mi picchiava,  o ci stupiamo per la forza con la quale affrontano e vivono la loro miseria, i loro lutti, e ci sforziamo di imparare da loro a sorridere sempre, anche nelle difficoltà.

Da poco abbiamo anche iniziato una collaborazione con l’ambulatorio del barrio, con il quale abbiamo organizzato campagne antiparassi-tarie, di vaccinazione, e interventi su bambini gravemente denutriti.

Nello stesso centro diurno ci siamo accorti che i bambini arrivavano ammalati, denutriti, affamati, e quindi, oltre a fornirgli materiale per la scuola, abbiamo comin-ciato ad offrire la merenda, generalmente una fetta di torta e una tazza di latte caldo.

In questo momento è in cantiere la apertura di una pronta accoglienza per bambini, una specie di pronto soccorso che accoglierà bambini in situazioni di emergenza.

Vi ricordo nelle mie preghiere e vi chiedo di ricordarmi nelle vostre, insieme con i miei fratelli di comunità e con tutti i bambini che ogni giorno incontriamo e tocchiamo, e che sono il vero, bello e grande sorriso di Dio sulla terra. Comincio ad anticiparti qualche idea: il mese di luglio sarà un mese morto, perché  due delle tre sorelle ritornano in Italia e il centro diurno è chiuso, una presenza avrebbe però senso se già fosse aperta la pronta accoglienza, così potreb-be aiutare la sorella che rimane da sola a gestire i bambini. Nel mese di agosto si pensa di riproporre l'oratorio estivo di strada, e quindi c’è bisogno una mano con i giochi, con i lavoretti. L'anno scorso hanno partecipato una cinquantina di bambini, e durante le feste all'incirca 150.... tutti scalmanati e senza regole, che quando li perdevi d'occhio li ritrovavi dopo 5 minuti a fare il bagno nel fiume... Comunque, sto sognando; vi farò sapere,

 

 Monica

P.S. Con gioia vi comunichiamo che da ieri (24 aprile, n.d.r. siamo 7 in famiglia: a rallegrare la pazza brigata sono arrivate Luzdeaneide,14 anni con la sua bimba di 7 giorni Mariangel de Jesus! Che confusione!)

PROGETTO D&F – GRANDI NOVITA’ DAL CENTRO DIURNO [16 ottobre 2006]

In questo mese si celebra la giornata missionaria mondiale e così ne approfitto per entrare ancora una volta nelle vostre case e raccontarvi le ultime novità.

Intanto comincio con darvi la bellissima notizia che la diocesi di Merida ci ha dato in comodato una casa molto grande già arredata, ed in questi giorni due sorelle di comunita’ si stanno trasferendo li’ per dare vita alla tanto progettata casa di accoglienza per bambini piccoli, che si chiamerà “Madre della Tenerezza”. Abbiamo letto questo dono di una casa come un segno del Signore, essendo arrivata proprio nel momento in cui da un lato respiravamo il grande bisogno di aprire una realtà in grado di dare una risposta d’amore ai tanti bambini senza famiglia, mentre dall’altro vivevamo la frustrazione di non trovare nessuna casa in affitto. In questa pronta accoglienza sono già presenti tre bambine di 3, 6 e 14 anni e prossimamente verrà accolta anche una bambina sieropositiva. A volte viene proprio voglia di fare un grande applauso al Signore per i suoi doni inaspettati!

Le attività del centro diurno sono ricominciate con l’inizio della scuola e in questo momento si registra un “pienone” durante il pomeriggio, mentre di mattina i bambini sono ancora abituati agli orari e tempi delle vacanze e quindi spesso bisogna andare a chiamarli a casa, svegliarli e motivarli a partecipare al centro. Essendo la stagione delle piogge, i bambini arrivano spesso ammalati, vivendo in baracche di lamiera che lasciano filtrare l’acqua e l’umidità. E quindi ci improvvisiamo anche un po’ infermieri, e negli ultimi giorni stiamo facendo i turni di notte in ospedale per accompagnare un bambino con polmonite che la mamma non può assistere, avendo altri cinque figli da accudire.

In quello stesso ospedale visitiamo dei bambini disabili orfani che vivono in una corsia rinchiusi in gabbie, spesso con le mani legate. Quello che riusciamo ad offrirgli è veramente poco, un po’ del nostro tempo e di allegria, ma viviamo con la triste consapevolezza che quello di cui hanno bisogno non è un ospedale-carcere, ma una casa, una famiglia dove ricevere amore e fare crescere i loro talenti.

La ultima bella notizia è che tra due ore arriverà nella nostra casa famiglia una bambina di appena due giorni di vita, ancora non conosciamo la sua storia, sappiamo solo che è stata abbandonata in ospedale. Mentre vi scrivo quindi mille pensieri si affollano nella mia testa, ogni nuova accoglienza va ben preparata, testa e cuore sull’attenti per dare la risposta migliore ad ogni bambino che arriva con un bagaglio di vita differente.

Concludo, ringraziandovi molto per tenermi sempre nel vostro cuore; ricordo che la mia prima partenza nel 1999 era accompagnata dallo slogan:”Io parto voi non restate!” e mi fa star bene il non sentirmi dimenticata dai miei amici che, seppure lontani, sono “partiti” con me!

Grazie a tutti!

 

Monica

La lettera a Monica Orma della redazione di D&F

 

? L' Associazione papa Giovanni XXIII

 

 

 

     G.M.