ADDIO A LINA CAZZANIGA - UNA DONNA, UNA VITA, UN NEGOZIO

Libri scolastici, pennini, matite, Cerniere, bottoni, gomitoli di lana… Acqua di colonia, saponette, dopobarba…. C’era di tutto in quel negozio gestito da Lina Cazzaniga, ereditato al momento del matrimonio con Giuseppe, detto Peppino. Un negozio storico con la vetrina in legno (dentro la quale giocavano a nascondersi i suoi tre figli), i cassettini per le spolette di seta Faro, il bancone con il metro, su cui trovano spazio alcuni contenitori con le stringhe di liquirizia, le palline di chewing gun colorate, situato nei locali portineria di villa Borgazzi.

Nel 1956 il trasloco al condominio Lurani  con l’abitazione sopra il negozio e la grande vetrina affacciata su piazza Vittoria. Vendere libri scolastici diventava sempre più impegnativo anche perché occorreva andare a ritirarli direttamente alla casa editrice e il traffico in città faceva perdere un sacco di tempo.  Lina allora ha scelto di ampliare il reparto merceria e tessuti perché in quegli anni le sarte in paese erano numerose, così come le camiciaie.  Gli orari dei negozi però erano più impegnativi: si iniziava presto la mattina e il primo pomeriggio  e non c’erano ancora le chiusure del lunedì. Ordinazioni da fare, rappresentanti da ascoltare, entrate e uscite, il tutto senza il minimo supporto tecnologico, e al posto della cassa automatica solo un cassettino di legno con la chiave… Si può, quindi, immaginare la vita di una donna così, divisa tra negozio, famiglia e casa da mandare avanti. Erano le donne di un tempo, quelle nate e cresciute nel ventennio, con il senso del dovere, della Patria e temprate alle difficoltà della guerra. Guerra e successiva ricostruzione hanno fortificato il carattere della gente, insegnato il senso del risparmio, i valori della famiglia, della fede e dello Stato.

Le storie delle persone si raccontano a posteriori, dopo la loro scomparsa e  aiutano a entrare in certe vite normali di cui poco si conosce perché sembrano sfiorare la banalità. E invece in queste apparenti banalità quotidiane - conosciute grazie al mensile D&F -  ci sono vissuti interessanti, persone e personaggi che hanno fatto parte della storia del nostro paese, pur senza cariche e lontani da riconoscimenti di alcun genere.  Rappresentano la maggioranza silenziosa e operosa che ha tenuto unite le famiglie, dove al primo posto c’erano il “Regiu  e la Regiura” che richiedevano rispetto e silenzio e poi arrivavano marito e figli con le loro esigenze. Donne e uomini che hanno ricostruito sulle macerie dell’ultima  guerra e che 70 anni fa celebravano felici la Liberazione sulle piazze italiane.

Anche Lina, ventitré anni appena,  lo ha fatto, esultando perché finalmente poteva convolare a nozze. Il 20 agosto dello stesso anno, quattro mesi dopo quel 25 aprile, con una doppia cerimonia, lei e la sorella Ginetta si sono sposate nella chiesa parrocchiale di Cernusco, avendo come testimone il senatore Antonio Baslini, che fu anche sindaco del Comune di Merate, dove Peppino ha lavorato per oltre quarant’anni.

 

Martedì 28 aprile si è spenta all’età di 93 anni Pasqualina Cazzaniga (nelle foto), uno dei volti storici del paese; le esequie sono state celebrate giovedì 30  in parrocchia. Le nostre più sentite condoglianze ai familiari.

L'ARTICOLO DI D&F N°70  DEL FEBBRAIO 2012

4 marzo 19… e il ricordo, il ricordo più grosso è tutto in questo nome che io mi porto addosso….”

La bella canzone di Lucio Dalla calza a pennello per Pasqualina Cazzaniga  sia per il giorno e il mese della nascita, che per il nome inusuale, in questo caso legato alla Pasqua, invece che al Natale (*). Così, anche per non sentirsi “fuori stagione” in inverno o nelle festività natalizie, a un certo punto della sua vita, la signora Pasqualina ha deciso di farsi chiamare semplicemente Lina.  Brianzola “purosa ngue”, non ama molto raccontare di sé, e nonostante abbia gestito per anni il negozio di famiglia del marito, è una persona riservata e, per certi aspetti, anche timida.  Questo non significa che non sia stata una donna combattiva e forte che ha lavorato in tempi in cui “il gentil sesso” era relegato in  casa ad accudire marito, suoceri, figli  e a fare la calza.

E’ ancora lucidissima e se non fosse stato per quel pullman di linea che undici anni fa centrò in pieno la sua 126, causandole fratture e traumi vari, probabilmente oggi sarebbe ancora in una buona forma fisica. 

Anche la vita di Lina, come quella di molte persone del nostro quotidiano, ha avuto risvolti interessanti, rimasti tra le  mura domestiche. Terza di quattro figli (tre femmine e un maschio) Lina ha frequentato il collegio delle Dame Inglesi dalla prima elementare fino alle medie, rimanendo nell’internato, allora regolato da una rigida disciplina che prevedeva studio, scuola e chiesa, con l’intermezzo dei pasti e della  breve ricreazione. Dopo le medie è la volta del collegio delle suore francesi a Bergamo per iscriversi alle magistrali.  Il sogno  di divenire una maestra sarà però infranto dalla guerra, che ha stravolto la famiglia e fatto rivedere alcune scelte di vita. Ed ecco allora che Lina frequenta un corso di steno e dattilo per trovare lavoro e sopperire alla mancanza del fratello Attilio, partito per il fronte. Viene assunta come segretaria alla Marelli, facendo ogni giorno la pendolare sui vagoni merci, sempre stracarichi di persone e militari… Lina e le colleghe, nonostante la tensione per i possibili bombardamenti sulla città, sanno trovare momenti di allegria  con civetterie del tutto femminili, sfoggiando i cappellini più originali e sfidandosi a portarli con eleganza. Nel ’45, a guerra finita, il matrimonio con Giuseppe, detto Peppino, con una doppia  cerimonia celebrata insieme alla sorella Ginetta ed Ezelino, tra uno stuolo di bambini sul piazzale della chiesa per il fatidico lancio di confetti.  L’impiego alla Marelli viene lasciato e Lina si dedica al negozio, gestito fino ad allora dalla suocera ormai malata. L’anno successivo nasce la prima figlia, ma la gioia dell’evento è quasi subito ridimensionata dal lutto per la perdita della sorella Cesira, appena ventenne, per una grave infezione.  Destino si disse allora, in realtà, c’è qualcosa d’altro in questa morte repentina che Lina ha svelato solo a mezza voce in famiglia. Per raccontare tutto ciò, va fatta una premessa: Cesira era una ragazza senza pretese, tutta casa, lavoro e chiesa, che vedeva la sofferenza della mamma Maria per quell’unico figlio maschio andato in guerra e di cui non si sapeva nulla. Le sorelle più volte l’hanno sentita ripetere che avrebbe dato la sua vita pur di far tornare il fratello… Al funerale della giovane, il sacerdote suo padre spirituale fino alla fine,  rivolto ai famigliari disse semplicemente  di non disperarsi perché era “ morta una santa”. Quattro mesi dopo la scomparsa di Cesira, in realtà Attilio ritorna dall’Africa, con mezzi di fortuna e in pessime condizioni di salute. Ma è vivo e questo dà un senso alla prematura scomparsa della sorella, collocandola tra quella santità non celebrata sugli altari ma di cui i famigliari ne hanno intima certezza, tanto che Attilio, prima di morire nel 1978, lascerà come volontà quella di essere sepolto insieme alla sorella.

SFerrario

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